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L'ENIGMA SVELATO 

Relazione analitica Spettroscopia Raman a cura di Anna Laura Sanna, Francesco Delogu,

Pier Carlo Ricci

(estratto da "Il Retablo Perduto - Cronografia di un' Ipotesi" di Francesco Tamponi, Susil edizioni - 2019)

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ANALISI E MISURAZIONI IN SPETTROSCOPIA RAMAN

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L’attività sperimentale si è concentrata sul materiale pigmentario proveniente dai frammenti del retablo attribuito al Maestro di Castelsardo e dal simulacro ligneo di Sant’Antonio l’Antico, entrambi conservati nei locali della concattedrale di Castelsardo intitolata a Sant’Antonio Abate.

Disponibile in campionature di dimensioni ridotte dell’ordine del decimo di millimetro, il materiale è stato sottoposto a indagini volte alla caratterizzazione qualitativa e quantitativa. In particolare, si è fatto uso della spettroscopia Raman su scala micrometrica.

 

LA METODOLOGIA

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Identificata in letteratura dall’acronimo micro-Raman, dall’inglese micrometric Raman spectroscopy, la metodologia consente l’analisi della superficie del materiale campionato avvalendosi di strumentazione atta alla misurazione in situ in assenza di contatto fisico.

Il cosiddetto effetto Raman identifica una classe di fenomeni di natura fisica originati dalla diffusione anelastica di quanti di radiazione elettromagnetica. Prevista su basi teoriche riferite alla fisica classica dal fisico francese Leon Brillouin [1] e dal fisico austriaco Adolf Gustav Stephan Smekal nel 1923 [2], la diffusione incoerente fu oggetto di studi sperimentali negli anni successivi.

Dimostrato dai fisici russi Gregory Landsberg e Leonid Mandelstam mediante misure su cristalli di quarzo [3], il fenomeno fu descritto e sistematicamente sottoposto a conferma sperimentale dal fisico indiano Chandrasekhara Venkata Raman, che riportò i risultati ottenuti in uno storico articolo scientifico nel 1928 [4].

L’effetto Raman può essere facilmente compreso, nelle sue linee generali, facendo riferimento al ben più noto, e frequente, fenomeno di diffusione coerente della radiazione elettromagnetica.

In quest’ultimo caso, il quanto di radiazione diffuso dalla materia sottoposta a irraggiamento conserva la stessa energia del quanto di radiazione incidente, pur presentando, naturalmente, una differente direzione di propagazione.

Le diffusioni associate ai nomi di John W. Strutt, 3rd Baron Rayleigh, e di Gustav Mie ne rappresentano classici esempi.

Nel caso di diffusione di Rayleigh, la radiazione è diffusa da particelle solide di lunghezza caratteristica notevolmente inferiore alla lunghezza d’onda della radiazione incidente.

Nel caso di diffusione di Mie, il fenomeno di diffusione elastica è indotto da particelle di dimensione confrontabile con la lunghezza d’onda della radiazione, ciò che richiede una trattazione teorica del comportamento dei campi elettrici e magnetici più accurata. In entrambi i casi, l’energia dei singoli quanti incidenti è conservata in quelli diffusi e l’intensità della radiazione coerente diffusa è proporzionale alla quarta potenza della frequenza della radiazione incidente.

Questo perché i campi elettrici oscillanti inducono la formazione di dipoli elettrici nel materiale investito dalla radiazione nel piano perpendicolare al vettore campo elettrico della radiazione incidente.

Diversamente dai fenomeni di diffusione elastica, nei casi di diffusione associati ai nomi di Leon Brillouin e Chandrasekhara V. Raman si osserva una variazione dell’energia interna propria del materiale diffondente. La diffusione incoerente di Brillouin si riferisce al trasferimento di energia dalla radiazione incidente ai modi acustici di vibrazione del materiale, mentre la diffusione anelastica di Raman è caratterizzata dal coinvolgimento dei modi di vibrazione ottici. I due processi, identificati dalla netta incoerenza tra radiazione incidente e radiazione diffusa, ovvero dalla differenza tra l’energia dei fotoni incidenti e diffusi, si presentano con intensità debole o molto debole.

In termini qualitativi, i fenomeni possono essere riferiti all’assorbimento di un quanto di radiazione da parte di una molecola su livelli virtuali. La molecola viene, così, eccitata e raggiunge un livello di energia superiore. La promozione del sistema molecolare a stato eccitato ha tempo di vita relativamente breve, essendo presto seguita da un decadimento con emissione di un quanto di radiazione.

Tuttavia, l’emissione comporta il raggiungimento di uno stato vibrazionale o rotazionale della molecola differente da quello iniziale. L’intero processo porta all’osservazione di linee di emissione cosiddette Stokes e anti-Stokes, così chiamate in onore di George G. Stokes, che sono equamente spaziate in energia rispetto alla

linea cosiddetta Rayleigh, che segnala la diffusione elastica. In breve, la diffusione incoerente di Raman consiste nello scambio di un fonone, ovvero di un quanto di energia meccanica legata alla vibrazione, tra un quanto di radiazione e i modi di eccitazione non suscettibili di propagazione propri della materia condensata.

Pertanto, uno spettro di emissione Raman presenterà la linea Rayleigh di riferimento a frequenza v0 e linee a frequenze maggiori o minori dipendenti dall’energia acquistata o ceduta dalla molecola durante l’interazione con la radiazione elettromagnetica incidente.

Le linee Raman Stokes e anti-Stokes avranno frequenza pari a v0 − vm e v0 + vm rispettivamente.

Poiché a temperatura ambiente lo stato fondamentale è lo stato di energia più popolato, le linee Stokes sono più intense di quelle anti-Stokes.

La frequenza v0 − vm delle linee Stokes dipende dalla natura dei gruppi funzionali che sono presenti all’interno della struttura molecolare e ai modi di vibrazione complessivi. Possono, quindi, essere utilizzate a fini diagnostici per l’identificazione qualitativa dei sistemi molecolari costituenti il materiale sottoposto a irraggiamento.

Lo spettro Raman tipicamente consiste di linee dovute a entrambi gli insiemi di modi rotazionali e vibrazionali che possono dar luogo all’effetto Raman.

Le transizioni associate ai modi rotazionali, tuttavia, inducono variazioni di frequenza molto ridotte, tipicamente dell’ordine di 10 o 100 cm-1, di più difficile rilevamento.

Per questa ragione, la spettroscopia Raman è generalmente intesa come una spettroscopia vibrazionale complementare alle spettroscopie di assorbimento e in infrarosso. Informazioni aggiuntive sulla natura delle specie coinvolte nell’effetto Raman si possono ottenere attraverso lo studio della polarizzazione della radiazione diffusa così come dei processi di de-polarizzazione a carico di una radiazione incidente polarizzata.

La strumentazione necessaria all’esecuzione di misure in spettroscopia Raman si compone di una sorgente di eccitazione, di un sistema di focalizzazione della radiazione incidente e diffusa, di dispositivi per l’occultamento dei fenomeni di diffusione Rayleigh e di esaltazione della raccolta della radiazione incoerente, di un sistema di raccolta della radiazione diffusa e di un rivelatore.

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Fig. 1. Strumentazione BWTEK i-Raman EX utilizzata per le misurazioni in spettroscopia Raman.
 
La sorgente di eccitazione ha natura laser, così assicurando monocromaticità, potenze elevate e semplicità di focalizzazione.
La radiazione generata può avere lunghezza d’onda che copre l’intervallo dal vicino infrarosso, 1064 nm, fino all’ultravioletto, 206 nm.
La regione a energia inferiore è solitamente preferibile per ragioni legate alla minimizzazione di possibili alterazione del materiale irraggiato.

La radiazione emessa dal generatore è focalizzata mediante ottica opportuna, così da minimizzare i fenomeni di dispersione della radiazione diffusa e facilitare la raccolta al rivelatore.

Quest’ultimo riceve la radiazione diffusa dopo efficace filtratura delle linee Rayleigh, la cui intensità potrebbe ostacolare il rilevamento dei segnali Raman meno intensi, e dopo diffrazione da un monocromatore, con conseguente selezione delle lunghezze d’onda della radiazione in uscita.

Il rivelatore è costituito da una matrice di unità analitiche multicanale a base di Si, noto in letteratura come rivelatore CCD (dall’inglese Charge Coupled Device): Il rivelatore permette la raccolta di radiazione nelle regioni spettrali dell’ultravioletto, del visibile e del vicino infrarosso con sensibilità e uniformità elevatissime.

Gli spettri sono stati acquisiti utilizzando uno spettrometro BWTEK i-Raman EX accoppiato

con microscopio BWTEK BAC 151B, quest’ultimo equipaggiato con obiettivi Olympus XYZ

da 20 × o 100 ×.

Si è utilizzato un laser Nd:YAG con lunghezza d’onda nell’infrarosso pari a 1064 nm e intensità di potenza sul campione variabile a seconda del punto analizzato. In ogni caso, la potenza si è sempre mantenuta di gran lunga inferiore a valori tali da poter danneggiare per riscaldamento il materiale nel punto di fuoco. Ciascuno spettro è stato raccolto in un intervallo di frequenze da 150 a 2200 cm-1. La radiazione diffusa è stata rilevata

in modalità di retrodiffusione.

 

Il fascio diffuso è stato filtrato utilizzando dispositivi edge filters e le sue lunghezze d’onda selezionate attraverso l’utilizzo del monocromatore integrato nella strumentazione stessa.

La radiazione emessa è stata raccolta e analizzata utilizzando un rivelatore a base di InGaAs.

Il materiale irraggiato consiste di campionature microscopiche derivanti dai frammenti del retablo opera del Maestro di Castelsardo e dal simulacro ligneo di Sant’Antonio Abate.

Opportunamente prelevati da un restauratore, i campioni sono stati manipolati così da non apportare alterazioni.

Le analisi sono state eseguite posizionando i campioni sulla superficie di un vetrino da microscopio opportunamente pulito.

 

I RISULTATI

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Le misurazioni sono state effettuate su campionature dalle dimensioni ridotte così da limitare l’invasività dei prelievi.

Sia nel caso del retablo, sia nel caso della pigmentazione appartenente al simulacro ligneo di Sant’Antonio Abate, i campioni hanno dimensioni rapportabili a lunghezze caratteristiche dell’ordine dei 400 ß›m.

È questo il caso del frammento di pigmentazione proveniente dal simulacro ligneo di Sant’Antonio Abate ritratto nella fotografia in Fig. 2.

spettrografia raman

Fig. 2. Fotografia di un campione di pigmento prelevato dalla superficie del simulacro ligneo.
Il materiale utile all’analisi corrisponde al segmento più scuro visibile nella parte superiore del supporto. 



Le analisi spettroscopiche preliminari hanno evidenziato la presenza di diversi pigmenti. Tra questi, soltanto tre hanno presentato le caratteristiche minime necessarie alla valutazione qualitativa e quantitativa mediante micro-Raman. Si tratta, in particolare, dei pigmenti storicamente noti con i nomi di bianco di piombo, o biacca, azzurrite e cinabro, o rosso vermiglio.
Questi sono costituiti, rispettivamente, da carbonato basico di piombo, 2 PbCO3∙Pb(OH)2, carbonato basico di rame, 2 CuCO3∙Cu(OH)2, e solfuro di mercurio, HgS.
l rosso vermiglio delle due opere analizzate è il pigmento meglio conservato. Pertanto, è quello che ha mostrato la migliore risposta alla sollecitazione da irraggiamento laser.
Gli spettri Raman raccolti mediante micro-Raman sono mostrati in Fig. 3 per i tre diversi pigmenti.
Come si può facilmente apprezzare, il rosso vermiglio presenta lo spettro di emissione
di miglior profilo.
Gli altri spettri sono, purtroppo, caratterizzati da una risoluzione relativamente povera, aspetto attribuibile, in maggior misura, alla scarsità di materiale assorbente ed emittente.
Ciò è particolarmente evidente nel caso della biacca.
Responsabile della risposta analitica non ottimale è il naturale impoverimento della pigmentazione dettato dal degrado associato al passare del tempo e connesso a processi chimici di ossidazione assistita da fenomeni di fotoalterazione.
Un migliore apprezzamento delle similarità e differenze tra i diversi campioni si può ottenere da un’analisi mirata alla regione di maggior rilevanza analitica.
Quest’ultima è mostrata, per i pigmenti rosso vermiglio e azzurrite, in Fig. 4.
Nel caso dell’azzurrite, lo spettro Raman mostra bande relativamente poco caratterizzate a circa 245 e 330 cm-1, che pure dimostrano pienamente la similarità tra i pigmenti di retablo e statua lignea.
In pieno contrasto con il caso precedente, lo spettro Raman del rosso vermiglio è caratterizzato da due picchi di
emissione ben definiti in intensità e profilo a circa 250 e 340 cm-1.
E' rilevabile, inoltre, una modulazione dell’intensità del fondo intorno a 280 cm-1.
L’accuratezza della raccolta, e la conseguente definizione del profilo, consentono un’efficace deconvoluzione dei diversi segnali Raman che contribuiscono alla definizione del profilo spettrale.
Le curve di miglior interpolazione dei dati sperimentali e i singoli contributi alle diverse intensità individuali di risposta, risolti utilizzando una curva di natura Lorentziana, sono mostrate in Fig. 5.
Come si può vedere, l’interpolazione porta a risultati soddisfacenti.
Quindi, è possibile affermare che lo spettro raccolto mediante micro-Raman scaturisce dalla combinazione di tre contributi distinti di differente intensità posizionati a circa 250, 284 e 341 cm-1.
I primi due sono relativi ai modi di vibrazione che determinano una variazione degli angoli di legame chimico tra mercurio, Hg, e zolfo, S.
Il terzo è, invece, relativo al modo di vibrazione che determina una variazione nella distanza di legame tra gli atomi di mercurio, Hg.

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Fig. 3. Spettri Raman ottenuti dai pigmenti presenti nelle
campionature da retablo e statua lignea.
(a) Rosso vermiglio, (b) azzurrite e (c) bianco di piombo.

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Fig. 4. Dettaglio degli spettri Raman ottenuti dai
pigmenti presenti nelle campionature da retablo
e statua lignea. (a) Rosso vermiglio e (b) azzurrite.

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Fig. 5. Interpolazione deconvolutiva degli spettri Raman ottenuti dal rosso vermiglio presente nelle
campionature da retablo e statua lignea.

L’INTERPRETAZIONE

L’esistenza di caratteristiche ben definite permette un confronto ottimale tra i pigmenti dei due diversi manufatti artistici, ovvero retablo e simulacro ligneo.
Un’indicazione significativa in tal senso si ottiene dal rapporto tra le aree sottese ai due principali contributi posizionati intorno a 250 e 280 cm-1.
Valori simili di tale rapporto costituirebbero, infatti, robusta indicazione dell’appartenenza dei pigmenti rosso vermiglio usati su retablo e simulacro ligneo allo stesso periodo storico.
La ragione è da ricercarsi nei diversi effetti che il processo di imbrunimento del rosso vermiglio ha sui diversi modi di vibrazione del reticolo cristallino.
In prima approssimazione, i processi fisici e chimici responsabili della graduale alterazione del pigmento sono riconducibili alle reazioni chimiche che avvengono alla superficie del minerale in presenza di irraggiamento [5]. Particolarmente importante, al riguardo, la presenza di ioni cloruro, Cl-, all’interno del cinabro, ovvero del solfuro di mercurio minerale.
Le reazioni principali che sono responsabili dei processi di imbrunimento del rosso vermiglio possono venir efficacemente riassunte nello schema seguente:

raman5.jpg

Nel caso del retablo, il rapporto tra le aree sottese ai picchi intorno a 250 e 284 cm-1 è pari a circa 19.2.
Nel caso del simulacro ligneo, il rapporto è pari a circa 18.7.
Al netto delle incertezze sperimentali, i due valori sono sostanzialmente sovrapponibili.
Ne consegue la deduzione di contemporaneità dei pigmenti di rosso vermiglio utilizzati nel caso del retablo e del simulacro ligneo.


CONCLUSIONI

Le analisi spettroscopiche eseguite a carico di campionature di pigmenti provenienti dalle opere suddette mediante assorbimento ed emissione di radiazione elettromagnetica micro- Raman restituiscono spettri Raman dei diversi pigmenti estremamente simili in generale, e perfettamente sovrapponibili nel caso del rosso vermiglio.
È, quest’ultimo, il pigmento meglio conservato.
L’analisi fine del profilo spettroscopico di quest’ultimo ha permesso l’interpolazione dei dati sperimentali accompagnandola con una deconvoluzione dei contributi spettroscopici Raman indipendenti.
Le tre bande di emissione poste in luce dalla deconvoluzione dei profili dei pigmenti provenienti da retablo e statua lignea occupano la stessa posizione.
Mantengono, inoltre, lo stesso rapporto tra le aree sottese.
Questo è da intendersi come un indizio dell’appartenenza dei pigmenti di retablo e simulacro ligneo alla stessa epoca storica.
Pertanto, le osservazioni sperimentali puntano verso una similarità di natura e datazione per i pigmenti utilizzati nelle due opere d’arte qui prese in considerazione.
Ne consegue un rafforzamento della tesi sostenuta nel testo che vuole retablo e simulacro ligneo creazioni della stessa mano del Maestro di Castelsardo e appartenenti allo stesso impianto del retablo primordiale che intitolava la Cattedrale di Castelsardo a Sant’Antonio Abate.



Relazione analitica a cura di:
Anna Laura Sanna, Francesco Delogu,
Dipartimento di Ingegneria Meccanica, Chimica e dei Materiali
Università degli Studi di Cagliari
via Marengo 2, 09123 Cagliari, Italy

Pier Carlo Ricci
Dipartimento di Fisica
Università degli Studi di Cagliari
Cittadella Universitaria, SS 554, bivio per Sestu, 09042 Monserrato, Italy

Riferimenti bibliografici:

E. Garmire, Perspective on stimulated Brillouin scattering, New J. Phys. 19 (2017) 011003.
A. Smekal, The quantum, theory of dispersion, Naturwissenschaften 11 (1923) 873-878.
R. Singh, F. Riess, The 1930 Nobel Prize for Physics: A close decision?, Notes and Records of The
Royal Society 55 (2001) 267-283.
C. V. Raman, K. S. Krishnan, A New Type of Secondary Radiation, Nature 121 (1928) 501-502.
M. Spring, R. Grout, The Blackening of Vermilion: An Analytical Study of the Process in Paintings, National
Gallery Technical Bulletin 23 (2002) 50-61.
M. Pala, Applicazione della spettroscopia Raman allo studio di pigmenti antichi: l’annerimento del Rosso
Vermiglio, Università degli Studi di Cagliari, Cagliari, 2018.


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Estratto da: "Il Retablo Perduto - Cronografia di un' Ipotesi" di Francesco Tamponi, Susil Edizioni - 2019


 

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