RESTAURI
La Diocesi di Tempio Ampurias, mediante l’impegno dell' Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici, ha delineato il programma pluriennale “Le Radici dell’Oggi: per una Etnogenesi di Comunità”, che prevede il restauro e il recupero di una serie di edifici di Culto identificativi dell’atto di nascita delle attuali comunità parrocchiali diocesane.
Al Programma Operativo Regionale “Sardegna In Cento Chiese”, cofinanziato in collaborazione con le unioni dei comuni Gallura - Alta Gallura e Anglona – Coros per la ri-funzionalizzazione di dieci chiese campestri, si sono voluti aggiungere altri nove importanti interventi, finanziati quasi integralmente con fondi CEI dell’ 8 X mille alla Chiesa Cattolica.
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San Gavino di Pètrabàina
Parrocchia di N.S. Vergine di Pompei in Viddalba
Il luogo di culto dedicato ai Martiri turritani, Gavino Proto e Gianuario, sorge sulla montagna di Pètrabàina a ottocento metri sul livello del mare.
La straordinaria località del territorio del comune di Viddalba, nella parrocchia di N.S. Vergine di Pompei, segnata dalla presenza della piccola chiesa, domina su tutta la valle del Coghinas e permette allo sguardo di spaziare sull’intero golfo dell’Asinara che si apre da ovest a nord fino all’Isola Rossa.
L’austera aula liturgica conserva un dossale d’altare ad armadio che, in modo vernacolare, riporta dipinte sulle ante le immagini dei compagni Martiri Proto e Gianuario e nella nicchia centrale una raffinata statua di San Gavino rappresentato in abiti di Gala da nobiluomo settecentesco.
Con ogni probabilità proprio questa opera d’arte, dell’VIII secolo, denuncia il periodo di edificazione della struttura, che da subito fu assunta come punto di riferimento per i pastori che abitavano le località circostanti e tra queste L’Avru, la più vicina.Le genti di quelle montagne scelsero San Gavino di Pètrabàina come luogo di sepoltura, e secondo l’antica tradizione gallurese come rifugio per chi veniva inquisito per reati commessi contro la legge.Una radicata leggenda vuole che nel piccolo antico cimitero adiacente alla chiesa fosse stato seppellito il Muto di Gallura, uno tra i più famosi banditi del territorio.La chiesa di Pètrabàina appartiene al territorio di Viddalba, centro medioevale riconosciuto fin dal XII secolo in diversi documenti del medioevo sardo, con il nome di Villa Alba. Le vestigia di quel periodo sono segnalate dall’importanza di alcuni edifici medioevali e dal toponimo “Viddaeccia” riportato dalla tradizione.
Sant'Antonio di li Colti
Parrocchia della SS. Trinità in Trinità d'Agultu
La chiesa campestre dedicata a Sant’Antonio da Padova sorge nel territorio del comune di Trinità D’Agultu e Vignola ed è pertinente alla parrocchia della S.S. Trinità.
L’aula liturgica si presenta orientata a nord-est, denunciando la ricostruzione avvenuta con ogni probabilità nel XVII secolo, su una precedente struttura medioevale che potrebbe essere rilevata soltanto con puntuali scavi archeologici.
La località nella quale fu edificata, Li Colti, riporta in modo chiaro al toponimo trascritto in diversi documenti alto medioevali che attestano località chiamate “Corte”.
Li Colti e il suo luogo di culto erano un punto di sosta nella direttrice che, per lunghi secoli
ha messo in comunicazione il cuore del Giudicato di Gallura, a partire dalla Curatoria di Montanna, con la Curatoria di Monte Carello sulla costa nord occidentale.Non lontano dal sito di Sant’Antonio da Padova era documentato il borgo di Laghustu (Agultu). Il coronimo fu riportato nella carta di infeudazione concessa nel 1421 da Alfonso V, il Magnanimo, a Rambaldo de Corbaria. Anche questo villaggio, a causa della conquista aragonese e del conseguente spopolamento, aveva cessato di vivere alla fine del secolo precedente.La riorganizzazione delle campagne galluresi, avvenuta in alcune ondate successive tra il XVI e XVIII secolo, per l’apporto di pastori coloni giunti dalla vicina isola della Corsica, permise che il territorio si popolasse di case sparse, organizzate in piccole aziende monofamiliari conosciute con il nome di “Stazzi”.A questo periodo, come già detto, si deve far risalire la riedificazione della chiesa di Li Colti con la nuova dedicazione al Santo taumaturgo di Padova. A differenza di altre chiese campestri, diffuse in Gallura, e innalzate dal mecenatismo di grandi famiglie nobiliari, questa di Li Colti fu realizzata con tecniche e materiali poveri da alcuni clan familiari. Questi perpetrando una memoria secolare ancora oggi ne tutelano i luoghi e ne curano la memoria.
S.S. Trinità
Parrocchia S. Giuseppe in Tempio Pausania
La chiesa campestre della S.S Trinità sorge oggi in un quadro paesaggistico straordinario in mezzo ai boschi di sughere nel territorio del comune di Tempio ed è afferente alla parrocchia di San Giuseppe.
La chiesa della S.S Trinità è l’ultima traccia dell’antica memoria di un borgo estinto che le cronache medioevali hanno definito “Latinacho” oppure “Campo di Vinyes”, questo abitato era uno di quelli che componevano la curatoria di Canahim nel Giudicato di Gallura.
Il luogo di culto, frequentato fino ai giorni nostri, costituisce uno dei simboli identitari di Tempio Pausania. L’edificio medioevale in seguito allo spopolamento della Gallura avvenuto alla fine del XIV secolo, andò in rovina con la distruzione del villaggio al quale apparteneva.
Con la riorganizzazione dei territori agrari e pastorali, voluta dalle grandi famiglie nobiliari tempiesi, l’aula liturgica della S.S Trinità, dotata di pertinenze, fu ricostruita e ornata di stencil a partire dalla metà del XVI secolo. Purtroppo l’antico simulacro oggetto di culto è andato perduto e sostituito con una immagine realizzata in tempi recenti. L’ultimo restauro restituisce la chiesa alla venerazione dei fedeli e alla memoria rivitalizzata dei tempiesi.
San Pietro Apostolo Cattedrale
Tempio Pausania
Nel cuore della città di Tempio Pausania si erge il complesso della cattedrale di San Pietro Apostolo. L’imponente edificio, oltre ad essere il centro culturale e spirituale della Diocesi di Tempio – Ampurias, è anche parrocchia e chiesa madre della città.
La cattedrale di San Pietro nasce su una struttura medioevale più antica, ascrivibile al XIII secolo.
Il luogo di culto, con ogni probabilità, subì una radicale trasformazione nel XV secolo, in seguito all’aumento demografico del borgo dovuto all’apporto dei profughi in fuga dai piccoli villaggi circostanti spopolati con la conquista aragonese.
L’intervento architettonico dell’epoca è riconoscibile ancora oggi in alcune parti superstiti, riconoscibili nel lato est della chiesa e nel campanile.
Nel XVII secolo l’aula liturgica subì un ulteriore profondo cambiamento che portò a ruotare l’orientamento originale della chiesa est–ovest a favore di una disposizione nord–sud, questa modifica permise l’ampliamento dell’aula e fu voluta dalle famiglie nobiliari tempiesi per adattare il luogo quale sede di una Collegiata di canonici.
Questa nuova istituzione ecclesiastica, creata con la bolla Sacri Apostolatus nel 1622 da Gregorio XV, svolse, per tre secoli, la funzione di surroga dell’estinto Capitolo della diocesi di Civita. Questo era stato disperso fin dalla seconda metà del XVI secolo, a causa delle pandemie di peste e per gli assalti della pirateria ottomana che devastò l’antica città di Civita e la sua cattedrale dedicata a Olbia, fin dal XII secolo, al culto di San Simplicio e dei compagni martiri.
I canonici e i beneficiati della Collegiata praticavano la cura delle anime e la celebrazione dei sacramenti in diverse località della Gallura, tra queste soprattutto nell’antico e venerato santuario di Nostra Signora di Luogosanto, punto di riferimento per i pellegrini dell’intero territorio.
Il papa Gregorio XVI con la bolla Quamvis Aequam del 26 agosto 1839, dietro impulso del vescovo tempiese Diego Capece, soppresse l’antichissima diocesi di Civita per erigere la nuova diocesi che, assunse da allora il nome di Ampurias e Tempio.
In vista del mutamento nell’assetto diocesano si diede il via alla ristrutturazione dell’antica collegiata fin dal 1822 con l’innalzamento del campanile quattrocentesco i cui lavori furono eseguiti dall’architetto Marco Antonio Baffigo. Tra il 1832 e il 1839, si avviarono i lavori di riorganizzazione degli spazi liturgici affidati all’architetto genovese Gian Domenico Canti che realizzò una grande abside per il coro dei canonici e ampliò ulteriormente l’aula liturgica allungando la grande navata centrale verso il prospetto di facciata e uniformando le quattro cappelle laterali.
La cattedrale di Tempio – Ampurias è ricca di opere d’arte che raccontano la sua lunga storia e la cultura raffinata che la ha circondata nella città di Tempio Pausania.
San Giuseppe di Saltara
Parrocchia di S. Giuseppe Baylòn in S. Teresa di Gallura
L’azione di riforma voluta dal vescovo di Ampurias e Tempio, Monsignor Albino Morera, portò, alla fine degli anni venti del XX secolo, alla costruzione di una serie di chiese con annessi locali di servizio, diffuse sull’intero territorio diocesano della Gallura e dell’Anglona.
Grazie alla munificenza di un anonimo magnate americano e alla volontà del papa Pio XI, si affidò la progettazione di questi edifici all’ingegnere Angelo Villa, che formulò un modulo progettuale, replicato in tutte le strutture, secondo le forme architettoniche del neo gotico in voga all’epoca.
Il medesimo ingegnere mise in piedi una ditta di costruzione, la Bianco & Villa con sede legale a Tempio Pausania, che in breve tempo, tra il 1928 e il 1930, edificò una gran quantità di luoghi di culto.
Le chiese furono pensate come aule liturgiche modulari che, con lo sviluppo demografico delle diverse località, si sarebbero potute ampliare, spostando in avanti il prospetto di facciata, laddove quest’ultima si presentava caratterizzata da un arco gotico portante, sigillato da una semplice tamponatura con il portone d’ingresso principale.
San Giuseppe di Saltara è un esempio emblematico di questa tipologia architettonica. La piccola chiesa isolata nella campagna sorge nel territorio del comune di Santa Teresa Gallura ed è pertinente alla parrocchia di San Pasquale Baylòn in San Pasquale.
La chiesa di San Giuseppe mantiene ancora oggi tutte le caratteristiche del primitivo progetto dell’ingegner Villa e fu edificata per il servizio religioso degli stazzi circostanti che formano la località di Saltara.
San Vittorio
Parrocchia di S. Vittorio in S. Teresa di Gallura
La fondazione del borgo di Santa Teresa Gallura avvenne nel 1808 e fu realizzata per impulso del comandante militare dell’antica località di “Lungoni”, Francesco Maria Magnon, il quale era luogotenente del Re di Sardegna Vittorio Emanuele I.
La necessità di assistere la nuova popolazione con un luogo di culto portò a costruire, ex novo, una chiesa parrocchiale che si poté edificare soltanto negli anni tra il 1835 e il 1838.
La nuova chiesa fu innalzata grazie alla munificenza di Anna Maria di Savoia e di Maria Teresa d’Austria, quest’ultima fin dal 1811 aveva già donato all’erigenda parrocchia argenti e vesti sacre di pregio. Al nome di Maria Teresa fu dedicato il nuovo borgo, disegnato nel suo tessuto urbanistico in modo razionale secondo una trama a griglia.
In onore del Re Vittorio Emanuele fu invece dedicata la chiesa parrocchiale, che assunse il titolo di San Vittorio, Santa Teresa d’Avila e Sant’Isidoro. L’edificio fu costruito secondo lo stile neoclassico imperante all’epoca e dotato di un imponente campanile, che oggi segna ancora in modo caratteristico lo skyline di Santa Teresa Gallura.
Santa Maria delle Grazie Moderna
Parrocchia di N.S. delle Grazie in S. Maria Coghinas
La chiesa moderna di S.M. delle Grazie fu voluta, negli anni settanta del XX secolo, in posizione baricentrica nel tessuto urbano dell’abitato di Santa Maria Coghinas, nel territorio della parrocchia di N.S. delle Grazie.
Le motivazioni della costruzione della nuova aula liturgica furono dettate da necessità logistiche, dovute alla localizzazione decentrata dell’antica chiesa parrocchiale e per l’aumento demografico di Santa Maria Coghinas.
La Chiesa Madre, realizzata nel XIII secolo in forme romaniche, fu dedicata al culto di N.S. delle Grazie.
Il simulacro della Madre di Dio, ancora oggi custodito nell’aula liturgica, raffigura il raro tema della Vergine dell’Attesa Annunciata.
Il titolo, che richiama la memoria liturgica dell’Annunciazione, fu inscritto nella ricerca della luce che la struttura architettonica denuncia, ancora oggi chiaramente, attraverso il suo orientamento all’equinozio di primavera.
Questa chiesa portò alla scelta del toponimo per indicare il primitivo aggregato di case, che si riorganizzò alla metà del XVIII secolo, in seguito all’apporto di pastori e agricoltori coloni e che si sviluppò, giungendo fino alla contemporaneità, con il nome di Santa Maria Coghinas.
Per la nascita della moderna aula liturgica, dedicata al medesimo titolo di quella antica, si scelse un’architettura ispirata dai canoni della corrente architettonica definita in Italia “Brutalismo” durante gli anni sessanta, e precedentemente in Francia “Bèton Brut”.
Questa corrente architettonica sperimentò l’uso plastico del cemento armato, lasciato allo stato grezzo, per dare corpo a forme ardite che potessero storicizzare aspirazioni e ideali.
L’architetto e artista Gustavo Pesarin, autore a Santa Maria Coghinas della chiesa moderna e delle due opere in bronzo in essa contenute: il simulacro delle Vergine e il Crocifisso, applicò la nuova estetica di quel periodo al tentativo di rendere visibile, secondo la sua sensibilità, la cultura dell’ambiente segnata da una forte vocazione agricola.
La chiesa moderna di Santa Maria Coghinas, arricchita negli ultimi anni da una significativa Via Crucis, opera d’arte contemporanea dell’artista Lorenzo D’Andrea, si caratterizza oggi con una serie di vele e pinnacoli, che movimentano la struttura valorizzata nell’ultimo restauro, quasi fosse una nave spinta dal vento e approdata attraverso il mare verdeggiante dei campi al cuore dell’abitato.
Chiesa dello Spirito Santo
Parrocchia di S. Maria degli Angeli in Perfugas
La chiesa campestre dello Spirito Santo, afferente alla parrocchia di S.M. degli Angeli in Perfugas, sorge al centro di una fertile pianura, ad alcuni chilometri dall’abitato. L’imponente struttura architettonica, oggi semidiroccata, mostra nelle tessiture murarie tutte le tracce dei secoli trascorsi, a partire dal primo medioevo fino ai primi decenni del XX secolo quando fu abbandonata.
Lo Spirito Santo era posta al centro di una fiorente azienda agricola che produceva un reddito importante per uno dei beneficiati di Ampurias. Questi svolgevano mansioni di supporto ai dodici canonici titolari che componevano il Capitolo della cattedrale e che risiedevano nella città murata di Castelsardo. Il recupero di questa importante memoria medioevale, supportato
da studi mirati sui documenti dell’archivio storico diocesano, permetterà di delineare un quadro più preciso degli eventi che attraversarono la storia dell’Anglona. La comunità di Perfugas potrà, in questo modo, ritrovare i passi perduti della propria identità, segnalata dagli importanti monumenti del suo territorio, quale appunto la chiesa dello Spirito Santo.
San Bonaventura (San Sebastiano)
Parrocchia di N.S. Assunta in Nulvi
All’ingresso di Nulvi, a dominare la parte alta dell’abitato, sorge la grande chiesa conventuale di San Bonaventura, con annesso l’omonimo convento francescano edificato nel 1622 dai frati minori osservanti. Per due secoli e mezzo questo luogo ospitò un importante studentato teologico che, disperso in seguito alle soppressioni sabaude, fu destinato a divenire una caserma di soldati.
I tempi di massimo splendore della chiesa di San Bonaventura sono richiamati, ancora oggi, dalla esuberante ricchezza degli ornamenti barocchi negli altari laterali e in quello principale, arricchiti da una grande quantità di tele e quadri a soggetto sacro.
Il cosiddetto “Convento di Sopra”, contrapposto al “Convento di Sotto” dei frati
francescani cappuccini di Santa Tecla all’altro capo dell’abitato, insieme con la chiesa parrocchiale e le altre cinque che punteggiano il tessuto urbano di Nulvi testimoniano la grande ricchezza di questo che fin dal medioevo è stato uno dei più importanti centri dell’Anglona.
Sant'Antonio Abate
Parrocchia di N.S. Assunta in Nulvi
La raffinata chiesa campestre di Sant’Antonio Abate fu costruita in forme barocche a breve distanza dal centro abitato di Nulvi ed è afferente al territorio parrocchiale di N.S. Assunta.
L’edificazione di questo luogo di culto fu probabilmente voluta dalla nobile famiglia dei Delitala – Satta come un presidio al centro di vasti e fertili possedimenti terrieri. Allo stato attuale l’aula liturgica si mostra inserita tra due grandi ambienti di servizio utilizzati per stipare prodotti annuali dell’azienda agricola legata a questo titolo.
La chiesa di Sant’Antonio Abate fu dotata dai suoi munifici mecenati di raffinate opere d’arte, tra queste spicca il dossale d’altare in legno policromo intagliato con al centro il simulacro del santo titolare.
Con il divieto di seppellire i
defunti nell’ambito delle chiese urbane emanato nel Regno di Sardegna nella prima metà del XIX secolo, questo luogo di culto fu utilizzato quale primo cimitero extra urbano.
San Pantaleo
Parrocchia di S. Pantaleo in Martis
A quattro chilometri dal centro abitato di Martis svetta, su un poggio, la monumentale chiesa di San Pantaleo che, sebbene oggi sia semi diroccata, mantiene ancora i caratteri di una straordinaria architettura, segnata da una raffinata caratteristica romanico-gotica.
Il luogo di culto del santo patrono fungeva, fin dal profondo medioevo, da chiesa parrocchiale e, assecondando il carattere di natura monastica di tutte le parrocchiali della diocesi di Ampurias, era stata edificata isolata a una certa distanza dall’abitato.
Nei secoli assunse sempre più caratteristiche monumentali, assumendo la fisionomia di un’aula liturgica a tre navate, potenziata da un grande campanile, e ornata da raffinate ornamentazioni lapidee,
azulejos, e importanti opere d’arte. Tra queste ultime si segnalava un imponente altare ligneo, oggi smembrato, voluto nel 1595 dal vescovo Juan Sanna Porcu. Questi commissionò la celebrata pala d’altare del martirio di San Pantaleo, realizzata dal pittore manierista Andrea Lusso nel 1595.Nella prima metà del XX secolo la collina e il poggio sul quale sorge il monumento mostrò i primi segni di crisi e a causa dello smottamento del sottosuolo la struttura patì il crollo di una buona parte delle coperture e subì lesioni importanti. L’azione di stabilizzazione geologica portata avanti negli anni permetterà un parziale restauro di quest’importante chiesa così da restituire alla memoria e al culto della comunità di Martis un’opera d’arte tra le più importanti dell’Anglona.
San Pietro di Silonis
Parrocchia di N.S. del Rosario in Luras
L’antica Chiesa di San Pietro di Silonis era la parrocchiale del villaggio medioevale di Civilonis che, nel tempo, aveva assunto il toponimo di Siffilionis e apparteneva alla Curatoria di Canahim nel Giudicato di Gallura.
La località di Silonis ricade tra le pertinenze nel territorio della parrocchia di N.S. del Rosario e del comune di Luras.
La villa di Siffilionis, conosciuta attraverso varie fonti della media età, aveva una consistenza demografica di una certa rilevanza. L’abitato che si estendeva su due dolci rilievi, separati dal corso del rio di Silonys, era costituito da due quartieri aggregati, rispettivamente, intorno alla chiesa parrocchiale di San Pietro e ad un’altra chiesa succursale dedicata al titolo di Santa Maria.
In seguito all’abbandono del villaggio avvenuto, come per la gran parte dei centri demici galluresi nella seconda metà avanzata del secolo XIV, i due edifici di culto rimasero come sentinelle mute a segnare il paesaggio.Il toponimo Silonys comparve nel 1421 nella carta di infeudazione rilasciata da Alfonso V, il Magnanimo, a Rambaldo di Corbaria e a quella data la località risultava già deserta. Gli abitanti di Siffilionis si erano rifugiati come profughi nel più sicuro villaggio di Luras, incrementandone la popolazione. Ai margini di questo abitato si formò un nuovo quartiere, aggregato intorno alla chiesa di San Pietro Apostolo, il cui titolo fu traslato a Luras dall’antica parrocchiale di Siffilionis.La chiesa di San Pietro, in seguito diroccata fu ricostruita nella prima metà del XVI secolo e da allora, nonostante mantenesse la sua antica struttura medioevale a tre navate, subì una serie di rifacimenti che la hanno consegnata ancora attiva ai giorni nostri, fino agli anni cinquanta del secolo ventesimo quando per l’ennesima volta è stata abbandonata e diroccata.Con l’ultimo intervento di restauro verrà definitivamente restituita alla memoria, al cuore e al culto della comunità di Luras.
San Giacomo
Parrocchia di S. Pietro Apostolo in Bassacutena
La chiesa campestre di San Giacomo sorge su un poggio, alle falde della omonima altura granitica che la protegge dai venti del Nord. Santu Jacu di Calcinagghju, di pertinenza della parrocchia di San Pietro Apostolo a Bassacutena, appartiene al territorio comunale di Luogosanto. Un tempo anche questa località era inclusa nella Curatoria di Montanna, del Giudicato di Gallura.
Dell’antica aula liturgica non rimangono altre tracce se non l’orientamento a nord-est. L’attuale struttura fu ricostruita nella metà del XVII secolo dalla famiglia dei nobili tempiesi Misorro, proprietari di vasti possedimenti in quella parte del territorio gallurese. Don Giuseppe Misorro, per questa sua chiesa patronata, volle far
realizzare nel 1679 una pregevole statua di marmo, simulacro di San Giacomo, da un artista di scuola romana. L’aula liturgica fu integralmente riedificata ancora una volta nel 1913.In questo luogo vi si celebra, curata da una suprastantìa (comitato), la memoria di San Giacomo nel cuore della primavera, il 10 maggio, e una seconda volta il mercoledì dopo l’Assunta.
Sant'Andrea
Parrocchia di N.S. di Luogosanto
Giudicato di Gallura, Curatoria di Montanna
La piccola chiesa di Sant’Andrìa, nell’omonima località, apparteneva, con annesso un piccolo borgo medioevale, alla Curatoria di Montanna nel Giudicato di Gallura.
Anche questo luogo di culto, così come altri in Gallura, seguì il destino del borgo di riferimento che rimase spopolato alla fine del XIV secolo. Non andò in ogni caso perduta la memoria e nel XVII secolo, con la riorganizzazione del mondo agrario gallurese voluta dalle grandi famiglie nobiliari di Tempio, l’aula liturgica di Sant’Andrea fu riedificata. La chiesa divenne punto di riferimento e luogo di sepoltura per gli abitanti degli stazzi del territorio ed è citata in
alcuni documenti fin dal 1708 con il titolo di “Sant’Andres de Crhastu”.Oggi si trova nel territorio comunale di Luogosanto ed è una delle tante chiese campestri pertinenti al territorio della parrocchia omonima. Sant’Andrea, posta a breve distanza dal paese, sorge su un’altura dalla quale si dominano le valli sottostanti, immersa in un quadro paesaggistico suggestivo caratterizzato da boschi di querce e di sughere.Con una singolare festa autunnale si celebra la memoria del Santo titolare che nella tradizione gallurese conferisce il nome al mese di ottobre, Sant’Andrìa appunto. I festeggiamenti sono animati da una suprastantìa (comitato) composta da famiglie luogosantesi.
Santa Giusta
Parrocchia di Santa Giusta in Calangianus
Calangianus fino al XIV secolo è stato un modesto borgo medioevale conosciuto come Calayano, appartenente alla Curatoria di Geminis, del Giudicato di Gallura. In seguito al trasferimento degli abitanti provenienti da San Giovanni di Liscia il suo stato demografico fu incrementato.
Una tradizione vuole che questi ultimi si insediassero, dapprima, all’ingresso dell’attuale abitato in una località chiamata Santa Malgarita, dove alcuni decenni orsono furono ritrovate tracce di un insediamento e i ruderi di una piccola chiesa absidata, quale possibile conferma della leggenda.
La nuova popolazione, in seguito, si spostò verso il centro di Calangianus integrandosi definitivamente con gli abitanti del borgo primitivo.
A questa terza fase dell’abitato corrisponde la prima implantazione della chiesa parrocchiale dedicata alla memoria delle sante martiri Giusta, Giustina ed Enedina.Questo culto si era diffuso in Sardegna a partire dal XIII secolo, dopo che il suo sviluppo fu favorito dalla costruzione della cattedrale romanica, dedicata alle tre martiri, sorta nella metà del secolo precedente non lontano da Oristano nel centro chiamato appunto di Santa Giusta.L’attuale chiesa parrocchiale di Calangianus fu riformulata nel XVI secolo per volontà del vescovo di Ampurias e Civita Juan Sanna Porcu. Il presule, nell’ambito di un programma di riforma, volle che nel 1596 a corredo della riorganizzazione architettonica si realizzasse una grande pala d’altare, commissionando al pittore Andrea Lusso la rappresentazione manierista del martirio di Santa Giusta.L’aula liturgica, alla fine del XIX secolo, subì una ulteriore e radicale trasformazione così da assumere con l’esuberante ornamentazione policroma, l’aspetto odierno.La chiesa, con gli adiacenti oratori di Santa Croce, del Rosario e il campanile, si presenta ancora oggi come un imponente complesso architettonico che occupa il cuore del centro storico di Calangianus.
San Simplicio di Lu Macchjètu
Parrocchia di S. Pietro in Bassacutena
La piccola chiesa di San Simplicio è localizzata nel territorio di Bassacutena, nella porzione che ricade nel comune di Luogosanto. La chiesa si trova a brevissima distanza da Santa Maria di lu Macchjètu che, con San Pietro (oggi allo stato di rudere), costituiva uno dei luoghi di culto dell’antico villaggio di Suraghe, nella Curatoria di Taras del Giudicato di Gallura, i cui abitanti furono dispersi a seguito della conquista aragonese nel XIV secolo
L’attuale aula liturgica mantiene l’orientamento equinoziale ad indicare, il 15 maggio, memoria del martirio di Simplicio e compagni. L’attuale struttura, ricomposta probabilmente nel XVII secolo, riprende per anastilosi i materiali di una precedente chiesa ascrivibile al XII secolo.
Il culto di San Simplicio, tra il X e l’XI secolo, si diffuse a partire dalla grande cattedrale di Civita a Olbia nei territori della Gallura superiore, così che furono costruiti altri due luoghi di culto di cui ancora rimane memoria, uno nella costa occidentale della Gallura, a Viddalba (oggi allo stato di rudere), l’altro al centro del territorio diocesano, appunto, San Simplicio di Lu Macchjètu.La leggenda medioevale del martirio di San Simplicio e compagni, contenuta nel racconto del martirio di San Saturnino, lega questo luogo al transito del governatore Barbaro che, dopo aver perseguitato i cristiani olbiesi, transitò attraverso la regione di Taras passando per Suraghe per imbarcarsi alla volta della Corsica.
San Pancrazio di Aglientu
Parrocchia di S. Francesco di Aglientu
L’antica chiesa di San Pancrazio di Aglientu, conosciuta come San Pancrazio di Monti Vargiu, sorge lungo un’importante via di comunicazione che durante l’inverno permetteva la transumanza dei pastori, che con le loro mandrie, si spostavano dalla regione montuosa di Aggius alle più miti valli di Aglientu.
Ancora oggi gli aggesi celebrano in questa chiesa la festa invernale di “Santu Paulu di Lu Laldu”.
La comunità parrocchiale di Aglientu nacque il 30 aprile 1772, nell'ambito di un più vasto progetto di fondazioni voluto dal Re di Sardegna Carlo Emanuele III e dal suo ministro per gli affari dell’Isola Giovanni Battista Lorenzo Bogino, in accordo con la Collegiata dei canonici di Tempio Pausania,
rappresentata dal decano e vicario generale in sede vacante Bernardino Demartis e in accordo con il vescovo eletto Francesco Ignazio Guiso.La costruzione della nuova chiesa dedicata a San Francesco e l’annessa casa parrocchiale, completata nel 1776, fu accompagnata dalla strutturazione urbanistica, voluta secondo un disegno razionalista, del borgo di Aglientu, sorto nell’antica località denominata “Marrata”, e che ancora oggi mantiene le caratteristiche di quel primo atto fondativo.La nuova comunità formata prevalentemente da pastori stanziali volle riconoscersi anche nell’antica chiesa di San Pancrazio, definitivamente inglobata nel territorio di pertinenza di Aglientu, e dove si celebra annualmente ancora oggi, il 12 maggio, la festa popolare dedicata al giovane martire romano.
San Nicola di Bari
Parrocchia di S. Nicola di Bari in Bortigiadas
La parrocchiale di San Nicola si trova all’estremità ovest dell’abitato di Bortigiadas. L’attuale borgo, senza soluzione di continuità, discende dall’omonima antica villa medioevale chiamata Orticlada che, nel Giudicato di Gallura, apparteneva alla Curatoria di Geminis.
Il luogo di culto è il più importante di una serie di chiese urbane ed extraurbane che lungo i secoli hanno definito l’identità di appartenenza della comunità di Bortigiadas. L’attuale struttura della chiesa parrocchiale subì una profonda riforma nella seconda metà del XVII secolo, tempo nel quale il borgo visse un periodo di espansione economica e culturale.
La chiesa custodisce una grande pala d’altare commissionata nel
1664 al pittore napoletano Giovanni Paolo D’Angelis. La tela, rappresentando le tre feste liturgiche di dicembre, il 6 San Nicola, il 7 Sant’Ambrogio e l’8 l’Immacolata Concezione, racconta il periodo di ricchezza e opulenza che vide Bortigiadas al governo di un ampio territorio esteso alla valle del Coghinas.
San Giovanni di Liscia
Parrocchia di S. Giusta in Calangianus
La comunità parrocchiale di Santa Giusta in Calangianus riconosce le proprie origini nell’antica chiesa di “Santu Juànni di Lìscia”.
L’aula liturgica è dedicata al precursore Giovanni il Battista ed è localizzata sulla riva sinistra del fiume Liscia, nel territorio di Bassacutena, frazione del comune di Tempio Pausania.
La chiesa isolata nella campagna apparteneva, nel giudicato di Gallura, alla vasta Curatoria di Taras e probabilmente fungeva da luogo di culto cimiteriale per una comunità stanziale.
Dell’antica comunità, rimane a breve distanza dalla chiesa di San Giovanni, una “Croce dell’Osanna” innalzata su una colonna, intorno alla quale i fedeli di Calangianus celebrano ogni anno, il 25 giugno, una particolare memoria funebre dedicata agli antenati.
Gli abitanti del villaggio si dispersero in seguito alla conquista aragonese, completata con l’infeudazione di questo territorio fatta nel 1421 a favore di Rambaldo de Corbaria . Di quell’evento rimangono le tracce nel culto di San Giovani Battista che, in seguito all’esodo dei profughi di Liscia, fu trasferito nel centro urbano di Calangianus dove ancora oggi si celebra con solennità. Il museo diocesano di Santa Giusta custodisce due simulacri del Santo Battezzatore ascrivibili al XVI e XVII secolo quale testimonianza di continuità di questa tradizione.